Se penso alla plastica, la immagino come un design duttile, in un mondo di curve morbide dentro un universo modellabile; mi ritrovo a credere in quell’innovazione, affermata negli anni ’60 e che ancora stupisce; riporta all’infanzia, ai sogni, a sentimenti di apparente semplicità, di artistiche possibilità e sorprendenti alternative da plasmare. Accendo così il contatto con Melissa, brand brasiliano fondato nel 1979, dove la plastica è interprete e concept, immersa in un contesto quasi alienante ma anche familiare, sempre confortevolmente innovativo.
Suggestioni presenti e protagoniste durante la Milano design week, con la presentazione di Melissa Fem.mi.ne collective, all’interno della Brera design District, in una location dallo stile “industrial”, inserita in un edificio dal sapore “casa”. Un’esposizione di iconici pezzi di quella ricerca che poi si traduce come un susseguirsi di successi, o meglio, di trends.
Qui il soggetto “scarpa”, di cui è famoso il brand Melissa, perde la sua classica identità e funzione d’uso, per avvicinarsi all’idea di un più sottile connubio tra razionalità e design. Contaminazioni architettoniche, avvolgenti l’intero percorso, si aprono tra i totem con illustrazioni, foto di storia e di collaborazioni con i più prestigiosi nomi: da Vivienne Westwood, genio creativo del mondo moda, fino a Zaha Hadid, portavoce di un’architettura che si manifesta nella sua espressione più sinuosa.
Ad arricchire l’itinerario, le esposizioni di Chiara Dynys e Francesca Pasquali, sperimentatrici dell’anima del brand, dirette verso nuove visioni, raccontate con un personale linguaggio. La plastica utilizzata, unita alla tecnologia, ricrea scenari metafisici, fusi con ambienti spogli, per restituirli al pubblico unici, stranianti e sensoriali. Una mostra d’arte dall’essenza femminile, dal sentore rosa, come un sottile filo conduttore richiamato già dal nome stesso, Fem.mi.ne, che sottolinea il contatto tra l’estro femminile e l’arte.
Trasversalmente, gli architetti Claudio Bambagioni e Valentina Aloe rendono possibile l’immersione in una realtà da toni e aspetti mutevoli, con l’ideazione del caleidoscopico pop-up store, per entrare all’interno di un cervello produttivo in continua metamorfosi, dove intorno emergono, appoggiate su display di legno, le scarpe più iconiche del brand, quasi fossero il risultato di quel processo creativo di vortici e impressioni della retina tramite lo sviluppo della mente, che le rende prima effetto e, infine, prodotto.
Una piccola finestra garantisce il contatto immediato con l’esterno, suggerendo un richiamo alla natura, appena fuori dalle mura del palazzo, quasi a ricordare quel credo “forte” legato allo sviluppo sostenibile, vissuto come una responsabilità, una consapevolezza, una ricercata spinta alla sensibilizzazione.
Così la materia 100% Real plastic, tanto distante dalla natura, è quanto più vicina ad essa per concetto, attraverso la creazione di un prodotto totalmente animal-free, coerentemente in linea con l’etica di sostenibilità del marchio.